Canterà il gallo è un romanzo della scrittrice esordiente Rosanna Spinazzola.
In un futuro distopico, in cui la difesa dell'ambiente - ormai collassato - è l'espediente per l'imposizione di un regime militarista, una donna fugge per mettere in salvo il bambino che porta in grembo.
Per quanto possa sembrare semplice sia la trama, il romanzo è una fredda e sporca rappresentazione di un mondo impazzito, una futuro non così irreale per la nostra società odierna.
Attraverso i continui flashback dell'anonima protagonista, scopriamo una realtà completamente degenerata in cui la sopravvivenza dell'uomo è tornata alle vecchie tradizioni contadine, alla semplicità più estrema, alla gioia per le cose più minuscole.
Crollata la politica, la geografia, la legge, la società che rimane è desolantemente sempre sull'orlo del crollo definitivo.
Il parallelismo con The Road di Cormac McCarthy è spontaneo, ma è da intendersi come un chiaro omaggio, così come lo sono i numerosi riferimenti ad altri capolavori della distopia come 1984, Farenheit 451, solo per citare i più conosciuti.
Il crudo realismo delle scene è un continuo riportare il lettore con i piedi per terra; mentre in altre distopie recenti (leggasi: Hunger Games, Maze Runner, ...) l'attenzione si sposta più sul dramma personale dei protagonisti, concentrando il peso del disagio solo sull'ego dei personaggi principali, in questo libro il racconto della protagonista - non a caso senza nome, così come tutti gli altri personaggi - è il mezzo attraverso il quale si dipinge un mondo tragicamente possibile, dove più che di fantascienza si deve parlare di presagio del domani.
Il peso della gravidanza è un perfetto parallelismo con l'atroce sconforto che porta il muoversi in questo mondo dove tutto e tutti ti sono in qualche modo contro, dove le alternative sono due: rassegnarti o lottare con la forza della disperazione accettando ogni giorno come un dono.
Un romanzo che sicuramente esula dal tono satirico dell'apocalisse di questo blog, ma che ne condivide il terribile presagio e il monito per le generazioni presenti.
In un futuro distopico, in cui la difesa dell'ambiente - ormai collassato - è l'espediente per l'imposizione di un regime militarista, una donna fugge per mettere in salvo il bambino che porta in grembo.
Per quanto possa sembrare semplice sia la trama, il romanzo è una fredda e sporca rappresentazione di un mondo impazzito, una futuro non così irreale per la nostra società odierna.
Attraverso i continui flashback dell'anonima protagonista, scopriamo una realtà completamente degenerata in cui la sopravvivenza dell'uomo è tornata alle vecchie tradizioni contadine, alla semplicità più estrema, alla gioia per le cose più minuscole.
Crollata la politica, la geografia, la legge, la società che rimane è desolantemente sempre sull'orlo del crollo definitivo.
Il parallelismo con The Road di Cormac McCarthy è spontaneo, ma è da intendersi come un chiaro omaggio, così come lo sono i numerosi riferimenti ad altri capolavori della distopia come 1984, Farenheit 451, solo per citare i più conosciuti.
Il crudo realismo delle scene è un continuo riportare il lettore con i piedi per terra; mentre in altre distopie recenti (leggasi: Hunger Games, Maze Runner, ...) l'attenzione si sposta più sul dramma personale dei protagonisti, concentrando il peso del disagio solo sull'ego dei personaggi principali, in questo libro il racconto della protagonista - non a caso senza nome, così come tutti gli altri personaggi - è il mezzo attraverso il quale si dipinge un mondo tragicamente possibile, dove più che di fantascienza si deve parlare di presagio del domani.
Il peso della gravidanza è un perfetto parallelismo con l'atroce sconforto che porta il muoversi in questo mondo dove tutto e tutti ti sono in qualche modo contro, dove le alternative sono due: rassegnarti o lottare con la forza della disperazione accettando ogni giorno come un dono.
Un romanzo che sicuramente esula dal tono satirico dell'apocalisse di questo blog, ma che ne condivide il terribile presagio e il monito per le generazioni presenti.
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